Chi ha cura di chi cura? Un progetto sistemico di formazione e intervento in sanità secondo l’Approccio rogersiano

Gli operatori sanitari sono stati formati per raggiungere elevati livelli nelle prestazioni tecniche, nelle competenze specifiche della loro disciplina. Purtroppo questa eccellenza non è stata accompagnata da altrettanta formazione sul piano della relazione con l’utenza e, soprattutto, con le proprie emozioni. Le conseguenze più evidenti di tali lacune sono state riscontrate sul piano della cura del malato e della relazione con i familiari. Tuttavia è nostra opinione che ogni attività di cura debba essere preceduta da una cura dell’operatore stesso. Se sul piano clinico è obbligatorio che l’operatore sia addestrato (con la formazione) e protetto (con vaccini e dispositivi di protezione individuale), sul piano emotivo non si riscontra la medesima attenzione. Eppure i casi di operatori “feriti”, affaticati, difesi, svuotati, soli, arrabbiati, cinici o distaccati sono numerosi e purtroppo trascurati. Non si può stabilire una relazione di cura efficace se prima non si è avuta cura dell’operatore, non gli si sono dati gli strumenti emotivi, motivazionali e relazionali per costruire quella resilienza indispensabile nella professione sanitaria. Il progetto che presentiamo in questa sede è tuttora in corso e intende muoversi in tale direzione, ispirato dalle tre condizioni dell’approccio rogersiano. Si tratta di una formazione di tipo teorico-esperienziale rivolta a 4 livelli della ASL 2 savonese. Il primo livello è quello dello staff di dirigenza, ai quali è stato erogato un corso sulle competenze comunicative per imparare a gestire le relazioni e la comunicazione in modo più costruttivo ed efficace. A questo livello l’obiettivo è di sensibilizzare i vertici della dirigenza rispetto ai bisogni dei loro interlocutori, ai diversi vissuti e all’efficacia di una leadership di tipo partecipativo. Il secondo livello di formazione ha interessato i direttori di strutture complesse e i primari, per trasferire i fondamenti della comunicazione medico-paziente e della comunicazione interna all’équipe. A questo livello l’obiettivo fondamentale è stato quello di costruire un linguaggio comune e un terreno su cui progettare una disseminazione dei principi ai livelli più operativi. Infatti al termine di tale modulo formativo i direttori hanno convenuto sulla necessità di formazione dei facilitatori, ossia personale interno alla struttura che possa catalizzare quei processi comunicativi e relazionali funzionali al benessere, alla sicurezza di operatori e pazienti e all’efficacia del rapporto di cura. Il terzo livello ha quindi interessato i facilitatori, che hanno ricevuto una formazione approfondita sulle tre condizioni e sulle modalità più efficaci per gestire la relazione con i colleghi, i pazienti e i loro familiari. Un ulteriore aspetto, approfondito a questo livello, è quello della resilienza personale, ossia la capacità di gestire nel tempo un carico emotivo dato dalla specificità del lavoro sanitario e dalle condizioni fisiche, sociali e organizzative in cui si trovano ad agire gli operatori. Infine, il quarto livello sarà mirato agli operatori che forniscono assistenza domiciliare a malati cronici coni quali si instaura una relazione che talvolta fatica ad essere empatica e oscilla tra il distacco emotivo per autoprotezione, e il legame affettivo dato dalla lunga frequentazione, che sfocia però in dolore e lutto vista la natura degenerativa delle patologie trattate. Questo modulo si articola quindi a due livelli: dare agli operatori competenze di ascolto e di sostegno al paziente alla sua famiglia e dare anche strumenti per il monitoraggio delle proprie emozioni, dei vissuti, paure, fragilità, resistenze, al fine di arricchire la relazione senza caricare l’operatore di carichi emotivi che nessuno poi solleverà. L’intero progetto è impostato secondo i principi rogersiani delle tre condizioni e ha natura sistemica, ossia interessa tutti i principali livelli dell’organizzazione, dal direttore sino agli operatori sul territorio. L’obiettivo è la facilitazione, ossia il fornire agli operatori e ai lori dirigenti un linguaggio comune per trovare risorse e strategie interne verso l’obiettivo del benessere e della promozione della salute.